Capitolo Finale – Cividale del Friuli: Pietre, Acque e Memorie di Confine
Cividale del Friuli. Antico nome per una città antichissima. Fondata da Giulio Cesare come Forum Iulii, da cui prese nome l’intera regione del Friuli, Cividale è una soglia sospesa nel tempo, un punto di convergenza tra civiltà, culture e acque. Qui il fiume Natisone scorre da secoli sotto l’arco slanciato e carico di leggenda del Ponte del Diavolo, simbolo stesso della città, che collega due rive e due mondi: quello della storia e quello del mito.
Ma se il ponte è il simbolo della Cividale eterna, è nel suo cuore che pulsa la memoria dei Longobardi, che proprio qui posero la capitale del loro primo ducato italiano nel 568 d.C. – il Ducato del Friuli. La presenza longobarda è tuttora viva nei monumenti e nell’identità della città. Il Tempietto Longobardo, piccolo e preziosissimo gioiello architettonico, racconta l’altezza culturale e spirituale di un’epoca in cui Cividale era uno dei principali centri religiosi e politici d’Italia. Le eleganti figure delle sante scolpite nella pietra calcarea sembrano scrutare il visitatore da secoli, testimoni silenziose di un passato che ancora plasma il presente.
L’anima longobarda di Cividale è oggi custodita nel Museo Archeologico Nazionale, ospitato nel rinascimentale Palazzo dei Provveditori Veneti. Qui, i corredi funebri delle necropoli, le armi, le fibule, gli stili artistici e ornamentali parlano di un popolo guerriero e raffinato, che fece di Cividale un faro per l’Europa alto-medievale.
Le pietre della storia
E proprio attraverso la pietra – scolpita, costruita, tramandata – si dipana la storia della città. Cividale attraversò il dominio dei Franchi, l’epoca del Patriarcato di Aquileia, e infine quello veneziano. A partire dal Cinquecento, la città venne coinvolta nei grandi conflitti tra Venezia e l’Impero. Nel 1509 le truppe imperiali guidate da Enrico VII di Brunswick tentarono invano di conquistarla. Dopo un’epica resistenza, i cividalesi dovettero cedere solo temporaneamente, ma la città tornò ben presto sotto la protezione veneziana. Il Seicento fu segnato da crisi, pestilenze e faide tra famiglie nobili locali, ma anche da uno slancio artistico che vide coinvolti grandi nomi come Palladio e Palma il Giovane.
Nel 1797, con il Trattato di Campoformido, Cividale fu ceduta all’Austria. Dopo una breve parentesi napoleonica, fu annessa definitivamente al Regno d’Italia nel 1866. Durante il Risorgimento, la città fu fucina di idee e azione politica. Le sue vie strette e le piazze silenziose furono teatro di fermenti, di speranze, di rivoluzioni.
La Messa dello Spadone: rito e memoria
Tra i riti che tengono viva la memoria storica della città, la Messa dello Spadone occupa un posto d’onore. Ogni 6 gennaio, l’arcidiacono celebra la messa solenne nel Duomo di Santa Maria Assunta impugnando una grande spada, simbolo del potere spirituale e temporale di Cividale durante il dominio patriarcale. Un corteo storico accompagna la cerimonia: dame, cavalieri, notabili e milizie sfilano per le vie cittadine in abiti medievali, riportando in vita l’antica dignità della capitale del patriarcato d’Aquileia.
Il Novecento: frontiera e guerra fredda
Il Novecento ha segnato Cividale con nuove fratture. Durante la Seconda guerra mondiale, la città si trovò nel mezzo di scontri non solo militari, ma anche ideologici. Gli scontri tra le formazioni partigiane Osovane (fedeli alla monarchia) e Garibaldine (vicine ai comunisti jugoslavi) furono violenti. La vicinanza al confine sloveno – e il desiderio jugoslavo di annettere le zone italiane con presenza slavofona – portarono la tensione a livelli altissimi.
Nel secondo dopoguerra, Cividale divenne avamposto della Guerra Fredda. La sua posizione strategica la rese sede del comando della Brigata meccanizzata “Isonzo”, con compiti di difesa in caso d’invasione sovietica. Fu qui che si stabilirono alcune unità speciali della Fanteria d’arresto, pronte a combattere tra le opere difensive scavate nella roccia. La più nota di queste è la Galleria di Purgessimo, un dedalo di cunicoli e stanze blindate, oggi simbolo concreto di un tempo in cui l’Italia era divisa da una cortina invisibile ma minacciosa.
Non meno misteriosa e inquietante fu la presenza dell’Organizzazione Gladio, rete clandestina creata in funzione anticomunista sotto l’egida della NATO. Alpini ed ex alpini venivano qui addestrati a una guerra di resistenza in caso di invasione sovietica. La bellezza austera del paesaggio cividalese nascondeva così una dimensione sotterranea fatta di silenzi, segreti e preparativi per un conflitto mai esploso.
Una città che resiste
Nel 1976 il terremoto del Friuli mise nuovamente alla prova la tenacia della città. Anche se Cividale non fu tra i centri più colpiti, i danni ci furono e la risposta della popolazione fu immediata e solidale. La ricostruzione fu rapida e intelligente, rispettosa della struttura storica ma aperta all’innovazione. Un equilibrio difficile, eppure raggiunto, che oggi rende Cividale uno dei centri meglio conservati della regione.
Pietre che parlano, acque che scorrono
Passeggiare oggi per Piazza Paolo Diacono – il grande storico longobardo che proprio qui nacque – è come sfogliare un libro di pietra. Le facciate dei palazzi raccontano l’orgoglio nobiliare e la dignità civile di una città che, anche quando fu marginalizzata, non si spense mai. Le antiche case medievali, le vie strette, gli archi in pietra, conducono il visitatore verso il cuore pulsante della città: il Duomo.
All’interno, colonne solenni, stucchi, affreschi e pale raccontano la fede profonda e la cultura di un popolo. La pala dell’Assunta di Pellegrino da San Daniele, tra le altre, è testimonianza della grande tradizione artistica locale. Le campane, il giorno della Messa dello Spadone, sembrano suonare in un tempo parallelo, dove il presente e il passato si fondono in un’unica identità condivisa.
Cividale oggi: un ponte tra epoche
Oggi, Cividale è città UNESCO, riconosciuta per il suo straordinario patrimonio longobardo. Ma è anche città viva, sede di festival culturali, di studi internazionali, di dialogo tra le culture. La sua posizione sul confine – un tempo ferita – è ora risorsa. Con la Slovenia si collabora, si dialoga, si costruisce.
E mentre il Natisone continua il suo corso, sereno e paziente, le pietre di Cividale – palazzi, mura, chiese, roccaforti – raccontano la storia di un luogo che ha saputo affrontare la potenza degli imperi e la fragilità degli uomini, senza mai smarrire sé stesso.
Cividale del Friuli, ultima tappa di questo viaggio tra fiumi e memorie, è forse il suo emblema più autentico: città d’acqua e di confine, città di pietra e di spirito. Una città che insegna che la storia non è un passato lontano, ma qualcosa che pulsa, si trasforma e continua a parlarci – se sappiamo ascoltare.
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