martedì 27 maggio 2025

Aquileia, pietra, acqua e memoria

Il capitolo: Aquileia: pietra, acqua e memoria. L’anima antica del Novecento friulano



Trenta Storie del 900

I video Sulle Vie dell'acqua

Nel cuore del Friuli-Venezia Giulia, dove le acque dell’Isonzo e della laguna si confondono in un paesaggio sospeso tra terra e cielo, sorge Aquileia, antica metropoli romana, cuore palpitante di scambi, pietre scolpite e memorie profonde. Fondata nel 181 a.C. come colonia latina per volere del Senato romano, Aquileia fu più di una semplice città: divenne crocevia culturale, politico ed economico tra l’Occidente e l’Oriente. E ancora oggi, il suo nome risuona tra i ciottoli e i resti marmorei come eco di un mondo che ha plasmato non solo la storia antica, ma anche quella recente, del Novecento.

L’eredità imperiale e la riscoperta novecentesca

Nel corso del Novecento, Aquileia tornò sotto i riflettori della storia. Dopo secoli di oblio e riusi delle sue pietre antiche, fu proprio in questo secolo che prese forma una nuova consapevolezza del suo valore. Gli scavi sistematici iniziarono a svelare il tessuto profondo della città antica: il foro, la basilica, le strade selciate, i mosaici straordinari. Le ricerche archeologiche si intensificarono negli anni Trenta e, dopo una breve interruzione durante la guerra, ripresero con rinnovata energia nel secondo dopoguerra. Ogni frammento riportato alla luce non era solo testimonianza dell’antico splendore romano, ma diveniva chiave di lettura per comprendere un’identità territoriale sopravvissuta alle fratture del tempo.

Gli anni tra le due guerre videro Aquileia diventare oggetto di campagne di valorizzazione legate all’ideologia nazionale. Ma fu soprattutto nel secondo dopoguerra che la comunità scientifica, guidata dall’allora Soprintendenza alle Antichità del Friuli-Venezia Giulia, diede inizio a uno studio approfondito e rispettoso del sito. Così Aquileia si avviava a diventare non solo luogo di scavo, ma simbolo di una rinascita culturale, fino al pieno riconoscimento internazionale: nel 1998 l’UNESCO l'ha dichiarata Patrimonio dell’Umanità, proprio per la sua eccezionale testimonianza della civiltà romana e della prima cristianità.

Le pietre raccontano: il legame con Aurisina

La ricchezza di Aquileia si manifesta soprattutto nella sua materia prima: la pietra. Pietra lavorata, scolpita, incisa, destinata ad adornare edifici pubblici, necropoli, basiliche. Una parte importante di questa materia arriva da non lontano: dalla cava di Aurisina, sul Carso triestino. Qui, da secoli, si estrae un calcare compatto, chiaro, perfetto per la lavorazione scultorea. Durante il periodo romano, la pietra di Aurisina fu impiegata in tutta l’area nord-adriatica, ma è ad Aquileia che raggiunge forse l’apice della sua diffusione. I sarcofagi monumentali, le epigrafi, le statue frammentarie conservate al Museo Archeologico Nazionale portano tracce inequivocabili di questo legame litico tra costa e pianura, tra cava e metropoli.

Nel Novecento, questo legame viene studiato a fondo dagli archeologi, che individuano precise corrispondenze tra le cave aurisine e i manufatti aquileiesi. Si scopre così che, accanto all’uso locale, Aquileia era anche un punto di redistribuzione del marmo orientale e locale. I blocchi lavorati o grezzi giungevano via mare, risalendo la laguna e l’antico porto fluviale, poi venivano scolpiti, rifiniti e reindirizzati verso il cuore dell’Impero. La città stessa si struttura come un grande laboratorio lapideo, dove la pietra di Aurisina si confronta con il marmo proconnesio, con quello pentelico, con i materiali egizi o asiatici. Una globalizzazione della materia e dell’estetica ante litteram.

Aquileia e l’Oriente: scambi d’acqua, scambi d’anime

Aquileia era l’ultima grande città a nord dell’Adriatico e la prima porta aperta sull’Impero. La sua posizione privilegiata l’ha resa un crocevia unico. Le merci e le persone giungevano non solo da Roma, ma anche da Alessandria, Antiochia, Tiro. Il porto di Aquileia era attivo, vivo, affollato. Qui si parlavano lingue diverse, si pregavano divinità orientali, si veneravano culti sincretici. Nel Novecento, gli studi archeologici rivelano la presenza di quartieri “orientali”, con resti di templi dedicati a Mitra, Iside, Cibele. La spiritualità e il commercio si intrecciavano lungo le banchine del porto fluviale.

L’acqua, elemento vitale, permetteva non solo il trasporto delle merci, ma anche il movimento delle idee. I marmi orientali, spesso decorati con motivi sincretici, venivano accostati a quelli locali, creando forme ibride, frutto di una città aperta, accogliente e culturalmente complessa. Alcuni sarcofagi aquileiesi, con motivi mitraici o scene di banchetto orientaleggiante, riflettono l’osmosi artistica e spirituale tra Est e Ovest.

Aquileia nel ‘900: la memoria tra due guerre

Nel primo conflitto mondiale, Aquileia si ritrovò sul confine del fronte. A pochi chilometri dalle trincee dell’Isonzo, vide transitare truppe, feriti, rifugiati. Non fu mai bombardata pesantemente, ma subì il trauma collettivo del passaggio della guerra. La località di Cascina Farello, a sud della città, ospitò reparti di aviazione francesi e italiani tra il 1915 e il 1919. Fu uno dei tanti teatri "minori" della Grande Guerra, ma oggi rappresenta una memoria viva della partecipazione del territorio agli eventi bellici.

Dopo la guerra, Aquileia venne annessa al Regno d’Italia e collegata amministrativamente alla provincia di Gorizia, prima di passare a Udine nel 1923. Il dopoguerra portò anche un risveglio identitario. I resti archeologici vennero studiati con maggiore sistematicità, mentre l’antica basilica patriarcale tornava a essere fulcro spirituale e artistico della comunità.

Negli anni Trenta, il regime fascista sfruttò simbolicamente la romanità di Aquileia. Si moltiplicarono le pubblicazioni, le campagne di scavo, le visite ufficiali. Ma fu dopo il secondo conflitto mondiale, in un’Italia finalmente libera, che Aquileia trovò la sua vera dimensione di bene comune: luogo di memoria, cultura e dialogo tra civiltà.

La Basilica e l’UNESCO: un’eredità viva

Oggi, Aquileia è un sito UNESCO per la sua capacità unica di testimoniare il mondo romano e paleocristiano. La Basilica di Santa Maria Assunta, con i suoi straordinari mosaici pavimentali, è un palinsesto di fede, arte e potere. Ma l'intero impianto urbano, il foro, il porto fluviale, le necropoli e i resti delle domus raccontano una città viva, stratificata, che il Novecento ha saputo riscoprire e restituire al mondo.

E proprio il Novecento è stato il secolo in cui Aquileia ha smesso di essere solo rovina, per diventare narrazione, identità, coscienza collettiva. Un secolo che ha visto la pietra tornare voce, l’acqua tornare via di comunicazione culturale.

Vie d’acqua, vie di pietra

La storia di Aquileia, vista attraverso il filtro del Novecento, è una storia di rinascita e di memoria. L’acqua che un tempo portava i marmi orientali, oggi porta visitatori, studiosi, pellegrini. La pietra che fu scolpita ad Aurisina e posata ad Aquileia è divenuta simbolo di una continuità che lega il presente a un passato millenario.

Nel progetto “Sulle vie dell’acqua”, Aquileia è tappa imprescindibile. Perché è lungo queste vie che si sono mossi non solo uomini e merci, ma idee, sogni, fedi. Ed è nella pietra e nell’acqua, elementi eterni, che si riflette il senso profondo del Novecento aquileiese: un secolo che ha saputo ascoltare le voci del passato e trasformarle in futuro.









Nessun commento:

Posta un commento

La presentazione del Volume e la conclusione del Progetto S

  La SV è invitata alla presentazione del volume fotografico Viaggio Fotografico  Sulle Vie dell’Acqua tra pietre e fiumi, storie del ‘900” ...