Il capitolo: Grotta Gigante – Nel ventre della Terra, dove scorrevano i fiumi antichi
L’acqua, con la sua forza paziente e inarrestabile, ha plasmato nel corso dei millenni paesaggi incantati, scavato gole e vallate, generato vita. Ma c’è un luogo dove il suo passaggio non si manifesta con la corsa di torrenti o l’abbraccio placido dei laghi: è nel cuore del Carso triestino che l’acqua ha lasciato le sue tracce più straordinarie, scolpendo nel buio una cattedrale di roccia e silenzio. Parliamo della Grotta Gigante, una delle meraviglie geologiche più affascinanti d’Europa, simbolo della forza carsica e dell’intimo legame tra natura e storia.
Dalle profondità del tempo alla luce del presente
La genesi della Grotta Gigante ci riporta indietro a un’epoca in cui l’attuale Altipiano carsico era ancora sommerso dagli antichi mari tropicali. Tra 120 e 40 milioni di anni fa, la lenta deposizione di gusci, conchiglie e scheletri calcarei diede origine alle rocce carbonatiche che costituiscono oggi l’impalcatura del Carso. A seguito dell’orogenesi avvenuta durante il Miocene (circa 20 milioni di anni fa), il fondale marino emerse, rivelando la nuda roccia calcarea, modellata nei secoli da pioggia, vento e corsi d’acqua superficiali.
Fu proprio l’acqua a scolpire questo straordinario mondo ipogeo. I fiumi, scomparsi dalla superficie, iniziarono a scorrere nel sottosuolo attraverso le fratture della roccia, ampliandole e creando una rete di cunicoli e cavità. Tra i 10 e i 4 milioni di anni fa, nel profondo del Carso, l’antico corso di un fiume sotterraneo scavò pazientemente la Grotta Gigante, abbandonandola poi in cerca di vie più profonde. Da allora, la grotta ha continuato a mutare, plasmata da crolli e colate, fino a raggiungere la stupefacente forma attuale.
the CAVE video
Un colosso sotterraneo: numeri da Guinness
La Grotta Gigante porta benissimo il suo nome. Inserita nel Guinness dei Primati nel 1995, è la sala naturale visitabile più grande al mondo, un unico vano alto 114 metri, lungo 280 metri e largo oltre 76 metri. Con un volume stimato di 365.000 metri cubi, ospita spettacolari formazioni calcaree: stalattiti che pendono come organi gotici dalla volta e stalagmiti che si elevano come colonne d’alabastro.
Ogni visita alla Grotta è un viaggio attraverso il tempo geologico, ma anche attraverso le storie e le passioni umane che si sono avventurate nel suo grembo oscuro, alla ricerca di conoscenza, risposte e meraviglia.
Tracce di umanità: dal Neolitico all’Età moderna
Sebbene l’immensità della Grande Caverna fosse inaccessibile senza tecniche moderne, il sito della Grotta fu conosciuto e frequentato in epoche remote. Gli scavi presso l’ingresso Alto, oggi uscita turistica, hanno riportato alla luce reperti risalenti al Neolitico (VIII millennio a.C.), segno di una frequentazione saltuaria dell’area fino all’età moderna.
Ma è nel XIX secolo che comincia la storia documentata delle esplorazioni.
Pionieri dell’oscurità: la sfida degli esploratori
Nel 1840, l’ingegnere Anton Frederick Lindner fu il primo a calarsi, con coraggio e una corda, nel baratro della Grotta Gigante, sperando di intercettare le acque sotterranee del fiume Timavo, nel tentativo di risolvere l’annosa crisi idrica che affliggeva Trieste. La sua fu un’impresa eroica, benché non coronata dal successo.
Negli anni successivi, altri esploratori si cimentarono nella discesa, tra cui Giovanni Sigon, ispettore dei vigili del fuoco triestini, e diversi ingegneri al lavoro sulla linea ferroviaria Trieste-Vienna. Fu solo con l’attività sistematica del Club Touristi Triestini, a partire dal 1890, che si arrivò a un’esplorazione organica e documentata della grotta.
Nel 1897, lo speleologo Giovanni Andrea Perko realizzò il primo rilievo completo e pubblicò importanti osservazioni archeologiche. Divenne in seguito direttore delle Grotte di Postumia, che a quel tempo appartenevano all’Impero Austro-Ungarico.
Dalla scoperta alla fruizione turistica
Il fascino della Grotta Gigante cominciò presto ad attrarre non solo studiosi ma anche curiosi e appassionati. Nel 1905, con la scoperta di un terzo ingresso, si decise di rendere la grotta accessibile al grande pubblico. Il 5 luglio 1908, la Grotta fu inaugurata ufficialmente come sito turistico: un evento memorabile, illuminato da migliaia di candele, lampade ad acetilene e un gigantesco lampadario con 100 fiamme.
La musica della banda cittadina che eseguiva Wagner accompagnò i primi visitatori in un’atmosfera onirica, tra le ombre e le luci proiettate sulle concrezioni millenarie.
Le vicende del Novecento: tra guerre, confini e rinascita
Il Novecento segnò per la Grotta Gigante momenti di crisi e rinascita. Dopo la Prima Guerra Mondiale, nel 1922, la proprietà passò alla Società Alpina delle Giulie, sezione triestina del Club Alpino Italiano. Con essa, la Commissione Grotte “Eugenio Boegan” assunse un ruolo centrale nella gestione, tutela e valorizzazione del sito.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la perdita delle Grotte di Postumia, passate alla Jugoslavia, spinse la Commissione Boegan a concentrare tutti gli sforzi sulla Grotta Gigante, rendendola uno dei poli speleologici e turistici più importanti del Nordest.
Nel 1957, fu installato il primo impianto elettrico permanente, che offrì una nuova visione del sito e aumentò la sicurezza e l’attrattiva per i visitatori.
Un nuovo sentiero per un nuovo pubblico
Un progetto ambizioso prese forma nel 1970, con l’idea di creare un percorso di risalita lungo la parete opposta a quella della discesa turistica. I lavori, completati tra il 1991 e il 1996, grazie al sostegno della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, permisero un accesso moderno e suggestivo, ripercorrendo simbolicamente il tragitto del primo esploratore Lindner.
Oggi, la Grotta Gigante è visitabile tutto l’anno e continua ad attrarre decine di migliaia di visitatori, offrendo percorsi guidati, esperienze didattiche e una dimensione scientifica d’eccellenza.
Didattica e ricerca nel cuore del Carso
Oltre all’esperienza turistica, la Grotta ospita un Museo scientifico e speleologico, dedicato allo studio delle formazioni calcaree, delle maree terrestri e del territorio carsico. Un luogo dove l’acqua, pur invisibile, continua a essere protagonista attraverso esperimenti geofisici e modelli educativi.
All’interno della grotta si trova un centro di rilevamento sismico e geodetico tra i più avanzati in Europa. Qui, si monitorano le oscillazioni della crosta terrestre e si studia l’effetto delle maree telluriche, a dimostrazione del fatto che anche nel profondo della Terra si possono ascoltare i battiti del nostro pianeta.
Un’eredità che guarda al futuro
La Grotta Gigante non è solo un monumento naturale: è un luogo dove passato e futuro si incontrano, un punto di riferimento per chi cerca, nella roccia, la testimonianza del tempo. È un esempio di come la scienza, la cultura e il turismo possano dialogare con armonia, valorizzando il patrimonio naturale e storico di un territorio unico come il Carso.
La sua storia è una storia d’acqua, pietra e coraggio umano. È una narrazione incisa nelle pareti di calcare e nelle stalattiti, nei passi silenziosi degli esploratori e nello stupore degli studenti in visita. È, infine, un invito a scendere nella terra per risalire con occhi nuovi, consapevoli che anche nelle viscere più oscure si cela la bellezza più luminosa.
Nessun commento:
Posta un commento