Il Capitolo: L'attentato alla SIOT del 1972 - Un'ombra sul Novecento del Friuli Venezia Giulia
Il progetto "Sulle Vie dell'acqua tra pietre e fiumi, storie del ‘900" non può eludere uno degli episodi più bui della storia del Friuli Venezia Giulia: l’attentato terroristico al terminale petrolifero SIOT di Trieste nella notte tra il 3 e il 4 agosto 1972. Un fatto di cronaca nera che, per violenza, implicazioni internazionali e conseguenze ambientali, segnò profondamente la memoria della regione e lasciò cicatrici durature sul suo territorio.
Il contesto storico e geopolitico
A partire dal 1967, sopra Trieste, in località Mattonaia nel comune di San Dorligo della Valle, fu attivato un importante terminale petrolifero, il SIOT (Società Italiana per l'Oleodotto Transalpino). Si trattava di un nodo energetico strategico attraverso il quale milioni di tonnellate di greggio, provenienti dalle petroliere attraccate nel Vallone di Muggia, venivano stoccate in una ventina di enormi cisterne e poi instradate verso nord lungo l’oleodotto transalpino. Questo impianto attraversava Austria e Germania per giungere fino a Ingolstadt, in Baviera, facendo del porto di Trieste il principale hub petrolifero del Mediterraneo. Ancora oggi, oltre 40 milioni di tonnellate di greggio transitano annualmente da qui.
All’inizio degli anni ‘70, nel pieno delle tensioni in Medio Oriente e in una fase critica della crisi energetica internazionale (che si sarebbe aggravata nel 1973), l’impianto di Trieste rappresentava un obiettivo altamente simbolico e strategico. Fu in questo clima che l’organizzazione terroristica palestinese Settembre Nero decise di colpire.
Settembre Nero e il terrorismo internazionale
Settembre Nero era una formazione terroristica nata tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta come costola del gruppo Al-Fatah, parte dell’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) guidata da Yasser Arafat. Il suo nome evocava la sanguinosa repressione subita in Giordania nel settembre 1970, quando i guerriglieri palestinesi furono espulsi dal Paese.
Il gruppo divenne noto per azioni violente in tutto il mondo, tra cui l’assassinio del primo ministro giordano Wasfi Tel al Cairo (novembre 1971), il tentato omicidio dell’ambasciatore giordano a Londra e, soprattutto, per il massacro degli undici atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco di Baviera nel settembre 1972.
L’attentato alla SIOT avvenne appena un mese prima di quest’ultimo tragico evento e può essere considerato parte di una più ampia strategia mirata a colpire obiettivi economici e infrastrutturali occidentali ritenuti complici del sostegno a Israele.
L’attentato del 4 agosto 1972
La notte del 4 agosto 1972, alle ore 3:15, un’esplosione scuote il terminale petrolifero SIOT. È la prima di quattro cariche esplosive piazzate da un commando di Settembre Nero. L’obiettivo era quello di sabotare l’intero sistema di stoccaggio, causando un enorme incendio e interrompendo le forniture di greggio verso l’Europa centrale. Tuttavia, la prima esplosione, sul serbatoio n. 44, non ebbe l’effetto sperato: la carica fu mal posizionata e il cilindro contenente oltre 31.500 m³ di greggio resse all’urto.
Negli attimi successivi esplosero altre tre cisterne: la n. 11 (69.000 m³), la n. 54 (69.000 m³) e infine la n. 21 (1.534 m³). Le esplosioni generarono incendi di proporzioni immani. Le fiamme raggiunsero i 150 metri d’altezza e una colonna di fumo, alta 6 chilometri, fu visibile da centinaia di chilometri di distanza, in Istria, Slovenia, e al largo dell’Adriatico.
Il sistema di contenimento in terra battuta riuscì inizialmente a limitare i danni, trattenendo circa 210.000 tonnellate di greggio. Ma nel pomeriggio uno dei serbatoi cedette, e il greggio in fiamme invase la piana di San Dorligo. I Vigili del Fuoco, accorsi da tutto il Friuli Venezia Giulia, dal Veneto e dalla Lombardia, riuscirono con straordinaria abnegazione a contenere ulteriori esplosioni, mentre i tecnici della SIOT avviavano il pompaggio di emergenza verso la Germania per svuotare gli altri serbatoi.
Le conseguenze umane e ambientali
Nel corso dei quattro giorni necessari a domare le fiamme, una ventina di persone – soprattutto pompieri – rimasero ferite, molte con gravi ustioni. Fortunatamente non ci furono vittime. Tuttavia, l’impatto ambientale fu drammatico. L’aria restò irrespirabile per giorni, le coltivazioni della zona furono compromesse, e il torrente Rosandra venne contaminato da greggio e sostanze tossiche.
Nei mesi successivi, migliaia di tonnellate di terreno contaminato e fanghi industriali furono smaltiti illegalmente nelle cavità carsiche della zona di Basovizza. Ancora oggi, quei materiali giacciono a centinaia di metri di profondità, rendendo impossibile una bonifica completa e perpetuando il danno ambientale.
Le indagini e il processo
Le indagini condotte dalle autorità italiane portarono all’identificazione di dieci sospetti. Alla fine furono formalmente accusati quattro membri di Settembre Nero: gli algerini Mohamed Boudia e Chabane Kadem, e le francesi Dominique Jurilli e Marie Thérèse Lefebvre. Tutti furono condannati in contumacia a 22 anni di reclusione, pena poi ridotta a 6 anni in appello per la derubricazione del reato da “tentata strage” a “incendio doloso”. Nessuno dei condannati scontò mai la pena.
Mohamed Boudia, figura chiave delle operazioni di Settembre Nero in Francia, non fu mai processato: morì l’anno successivo all’attentato, il 28 giugno 1973, ucciso da una bomba piazzata sotto il sedile della sua auto a Parigi. La sua morte fu attribuita al Mossad nell’ambito dell’operazione “Ira di Dio”, la vendetta israeliana per il massacro di Monaco, immortalata nel film Munich di Steven Spielberg.
Conclusione
L’attentato alla SIOT del 4 agosto 1972 ha lasciato un segno indelebile nella memoria del Friuli Venezia Giulia. Non solo per l’enorme portata dell’evento, ma anche perché rappresenta uno degli episodi più gravi di terrorismo internazionale avvenuti sul suolo italiano. Trieste fu ferita, ma seppe reagire. Oggi, a oltre cinquant’anni di distanza, è doveroso ricordare e riflettere: perché la memoria è il primo passo per evitare che la storia si ripeta.
i video storici
ATTENTATO ALL'OLEODOTTO - TRIESTE di Piero Dolzani
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