Il Capitolo: Barcis – Il lago che non c’era. Acqua, energia e rinascita in Valcellina
Incastonato come una gemma azzurra tra le pieghe delle Dolomiti Friulane, il Lago di Barcis è oggi un’oasi di pace, un luogo di natura rigogliosa e silenzi profondi, ma la sua origine racconta una delle vicende più significative del rapporto tra uomo, acqua e montagna nel Novecento italiano. La sua esistenza è frutto di un progetto tanto ambizioso quanto drammatico, nato in un’epoca in cui l’acqua non era soltanto un elemento naturale, ma risorsa da governare, trasformare, mettere al servizio della modernità.
Dall’acqua alla luce: un sogno di sviluppo
La storia del Lago di Barcis ha inizio molto prima che le sue acque limpide cominciassero a riflettere i profili dei monti circostanti. Era il tempo in cui l’Italia si preparava a diventare una nazione industriale, e nelle terre del Friuli, tra Cellina e Meduna, la gestione delle acque era cruciale non solo per l’agricoltura, ma anche per l’energia.
Nel 1935 il Consorzio di Bonifica Cellina-Meduna elabora un progetto ambizioso: utilizzare le acque della roggia di Aviano per creare un grande invaso che potesse servire all’irrigazione delle campagne e alla produzione di energia idroelettrica. L’accordo chiave arriva il 25 marzo 1939, quando il Consorzio firma una convenzione con la Società Adriatica di Elettricità (S.A.D.E.) di Venezia: nasce così il piano per la costruzione del serbatoio artificiale di Barcis, destinato a rivoluzionare l’intera valle.
Il progetto, sostenuto anche dai Ministeri dei Lavori Pubblici e dell’Agricoltura, prevedeva un’opera monumentale: una diga di 70 metri, capace di creare un lago artificiale da 60 milioni di metri cubi, a sbarramento della Valcellina in località Ponte Antoi. La portata era tale da consentire l'irrigazione di 9.300 ettari alla destra del Cellina e la produzione di 160 milioni di kWh l’anno. Una forza motrice per l’economia e l’agricoltura friulana.
Ma a quale prezzo?
Un villaggio da sacrificare
Il progetto prevedeva anche la sommersione del paese di Barcis. Una comunità montana, stretta tra le montagne e la tradizione, sarebbe stata trasferita e ricostruita più a monte, nella località di Dint. Una scelta dolorosa, ma apparentemente inevitabile.
Tuttavia, la Storia, quella con la “S” maiuscola, era in agguato. Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e le sue devastazioni cambiarono le carte in tavola. Il 5 ottobre 1939, il progetto viene approvato dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, ma i lavori si arrestano bruscamente con l’entrata in guerra dell’Italia.
Nel settembre 1944, il paese di Barcis viene incendiato dai nazisti, in una feroce rappresaglia. La popolazione, già minacciata da uno sradicamento pianificato, si ritrova improvvisamente senza un tetto, ma con un attaccamento ancora più viscerale alla propria terra. Nel dopoguerra, Barcis risorge, ricostruito pietra su pietra, e con esso si fa strada una nuova consapevolezza.
Il ridimensionamento: salvare il paese, salvare la valle
Nel luglio 1951, il Consorzio e la S.A.D.E. tornano a mettere mano al progetto, ma lo scenario è mutato. Il dolore della guerra, i sacrifici della ricostruzione, il costo lievitato dei materiali e della manodopera, impongono una rivisitazione dell’opera.
Così, con “magnifica efficienza e rapidità”, come sottolineano i documenti dell’epoca, la S.A.D.E. ridisegna il progetto: la diga sarà costruita sempre a Ponte Antoi, ma ridotta a 50 metri di altezza. Il nuovo invaso raggiungerà la quota 402 metri s.l.m., contenendo solo 20 milioni di metri cubi d’acqua. Una soluzione di compromesso che evita la sommersione del paese, mantenendo però una buona parte dei benefici irrigui ed energetici.
Questa svolta tecnica e politica consente di preservare la memoria del luogo e la dignità di chi lo abita, dimostrando che il progresso può, e deve, tenere conto della storia e dell’identità delle comunità locali.
Un lago di bellezza e biodiversità
Con il completamento dell’opera, Barcis cambia volto: da antico borgo montano a paese affacciato su un lago artificiale che appare tutt’altro che artificiale. Le acque di colore turchese, alimentate dalle sorgenti alpine e dal Cellina, sono oggi un simbolo di equilibrio tra natura e tecnologia.
Il Lago di Barcis diventa così polo naturalistico e turistico, grazie alla ricca biodiversità che si sviluppa intorno all’invaso. Ospita specie acquatiche e uccelli migratori, e le sue sponde sono percorse da sentieri, ciclabili e zone dedicate agli sport acquatici come canoa, vela, SUP.
Dal 2020 al 2021, la necessità di manutenzione ambientale porta alla costruzione di un nuovo ponte per il transito dei mezzi pesanti, necessario per le operazioni di sghiaiamento del lago e la tutela del suo delicato equilibrio ecologico.
Barcis oggi: una memoria che vive
Oggi, visitare il Lago di Barcis significa camminare lungo le vie dell’acqua, tra passato e presente. Significa scoprire un luogo che non esisteva, eppure ha radici profonde. Un lago che racconta la storia di una comunità resistente, di ingegneri e operai, di acque domate ma non tradite, e di una natura che ha saputo adattarsi.
Barcis, nel cuore della Valcellina, rappresenta un microcosmo del Novecento italiano: i sogni di sviluppo, i drammi della guerra, la ricostruzione, e infine la convivenza tra uomo e ambiente. Una storia che merita di essere ricordata, camminata, contemplata.
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