Capitolo: La Risiera di San Sabba – Memoria della Shoah italiana
Nel cuore del rione periferico di San Sabba, a
Trieste, sorge un edificio che trattiene nelle sue pietre il silenzioso dolore
di migliaia di vite spezzate. Oggi Monumento Nazionale e museo della memoria,
la Risiera di San Sabba fu l’unico campo di concentramento nazista con
forno crematorio attivo sul suolo italiano. La sua storia attraversa l’intero
Novecento e riflette le molteplici fratture di un secolo dominato da guerre,
totalitarismi e violenze di massa. Luogo d’acqua e pietra, come le vie carsiche
e fluviali del nostro progetto, ma anche luogo di fuoco, di fumo e
d’annientamento, la Risiera si è trasformata – nel tempo – da opificio a lager,
da rovina a simbolo.
Le origini: un opificio per il riso
La storia
della Risiera inizia in un’epoca di tutt’altra natura. Tra il 1898 e il 1913,
l’Austria-Ungheria favorì la costruzione a Trieste, allora grande porto
dell’Impero, di uno stabilimento industriale per la lavorazione del riso. Il
complesso si sviluppava su più corpi di fabbrica disposti attorno a un ampio
cortile. L'attività della Risiera proseguì fino ai primi anni Trenta, quando –
tra il 1927 e il 1934 – la produzione cessò definitivamente. Negli anni
successivi, l'ex opificio fu parzialmente riutilizzato come magazzino
militare dal Regio Esercito italiano e, successivamente, trasformato in caserma.
Ma fu l’anno
1943, con l’occupazione tedesca dell’Italia dopo l’8 settembre, a
segnare l’inizio del suo ruolo più sinistro.
La Zona d’Operazioni del Litorale Adriatico e la
trasformazione in Lager
Dopo
l’armistizio, Adolf Hitler ordinò la creazione di due zone d’operazione
militare direttamente sotto il controllo del Terzo Reich. Una di queste fu la Operationszone
Adriatisches Küstenland, comprendente Trieste, Gorizia, l’Istria, la
Dalmazia e parte del Friuli. In questa regione, la sovranità italiana venne
completamente sospesa. Al suo posto si insediò un dominio tedesco diretto, con autorità
militari e commissari civili.
Nel contesto
di questa nuova amministrazione, i nazisti trasformarono la Risiera di San
Sabba in un Polizeihaftlager, un campo di detenzione e polizia sul modello
del sistema concentrazionario nazista. Dal 1943 al 1945, la Risiera
assolse tre funzioni principali:
- Eliminazione fisica di prigionieri politici, partigiani, civili sloveni, croati e
italiani considerati “sovversivi”;
- Smistamento di ebrei e oppositori politici verso altri lager in Germania e
Polonia (tra cui Auschwitz e Dachau);
- Raccolta e stoccaggio di beni razziati durante le operazioni di repressione nella Zona
d’Operazioni.
È in questo
periodo che viene installato un forno crematorio nel corpo centrale
della fabbrica. Le esecuzioni avvenivano nel cortile o nelle celle. I corpi,
spesso ancora in vita, venivano poi bruciati per occultare le tracce. Le cifre
precise sono impossibili da stabilire, ma si stimano migliaia di deportati,
centinaia di vittime arse nel forno, un numero imprecisato di morti per
maltrattamenti e torture.
Dopo la Liberazione: l’oblio, poi la memoria
Con la liberazione
di Trieste il 1° maggio 1945, la Risiera cessò la sua funzione di campo di
sterminio. Ma l’edificio non divenne subito luogo della memoria. Anzi, nei
primi anni del dopoguerra fu riutilizzato come campo profughi,
accogliendo migliaia di persone in fuga dai paesi oltre la Cortina di Ferro,
compresi molti esuli istriani, dalmati e fiumani. Questa seconda vita della
Risiera proseguì fino agli anni Sessanta.
Il riconoscimento
della Risiera come sito della memoria fu lento e controverso. Solo nel 1965,
su proposta del sindaco Mario Franzil, il Presidente della Repubblica Giuseppe
Saragat firmò il decreto che dichiarava la Risiera di San Sabba Monumento
Nazionale, unico caso in Italia di un lager riconosciuto come tale. Fu un
atto di grande rilevanza storica e simbolica, anche se ancora limitato all'area
del cortile, delle celle e del forno crematorio (che nel frattempo era stato
distrutto dai nazisti in fuga).
Il Memoriale: la trasformazione architettonica
Tra il 1962 e
il 1975 si sviluppò un intenso dibattito sul futuro della Risiera, culminato
con la realizzazione del memoriale progettato dall’architetto triestino
Romano Boico. La sua visione era chiara: trasformare un luogo del terrore
in un monumento al silenzio, alla meditazione e alla verità. Non una
ricostruzione, ma un’evocazione.
Boico creò
spazi essenziali, privi di retorica, nei quali la materia stessa – il
cemento, la pietra, il vuoto – diventava parte del linguaggio della
memoria. Fu allestita la Sala delle Croci, dove venivano radunati i
deportati prima del viaggio verso la morte; le microcelle, piccole
stanze in cui venivano rinchiusi i condannati; la Sala delle Commemorazioni,
con il gruppo scultoreo I Martiri di Marcello Mascherini, e
infine un percorso museale per raccontare la storia della Risiera.
Il complesso
venne inaugurato nel 1975 come Civico Museo della Risiera di San
Sabba – Monumento Nazionale, e da allora è parte integrante della rete dei
luoghi della Shoah europea.
Il processo del 1976: giustizia negata?
Nel 1976, dopo
decenni di silenzi e omissioni, si aprì a Trieste il processo per i crimini
della Risiera. I principali imputati furono due ufficiali delle SS: August
Dietrich Allers (morto durante l’iter giudiziario) e Josef Oberhauser,
unico condannato all’ergastolo in contumacia. Ma Oberhauser non scontò mai la
pena: la Germania non lo estradò, in base a un trattato bilaterale risalente al
1942. Il processo fu dunque un’occasione parzialmente mancata: importante sul
piano simbolico e storico, ma privo di reale giustizia.
Il presente: memoria e conoscenza
Oggi, la
Risiera di San Sabba è un luogo della memoria visitato ogni anno da migliaia
di persone, studenti, storici, cittadini italiani e stranieri. Dal 2016, il
museo è stato rinnovato con nuovi allestimenti. Mostre temporanee, come Le
sfide della memoria, ripercorrono la genesi del monumento e l'opera di
artisti come Mascherini e Boico, interrogando il presente su come si trasmette
la memoria.
La Risiera non
è solo un monumento. È un ponte tra passato e futuro, un punto fermo
nella complessa storia della nostra regione di confine, crocevia di lingue,
culture, tensioni e dolori. Rientra a pieno titolo nel progetto "Sulle
Vie dell’Acqua, tra Pietre e Fiumi – Storie del ’900": perché anche
qui, tra mattoni anneriti e silenzi di cortile, scorrono fiumi di memoria. E
come l’acqua, la memoria può scavare nella roccia, modellare i paesaggi
interiori, trasformare il dolore in consapevolezza.
Fonti e
riferimenti
- Archivio della Risiera di San Sabba
- Museo Civico di Trieste
- Decreto del Presidente della Repubblica
n.510/1965
- Documentazione storica delle Zone
d’Operazione tedesche
- Testimonianze al processo del 1976
Risiera di San Sabba – Comune di Trieste
LA VISITA PROMOSSA DAL GRUPPO ERMADA ALLA RISIERA DI SAN SABBA
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